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Parliamo di smalto semi-permanente

Vi siete mai chiesti (o meglio chieste) come funziona lo smalto semi-permanente? Io purtroppo, dallo scadere del 2014 e dai primi secondi del 2015 ho avuto questo tarlo in testa e ho dovuto assolutamente trovare una spiegazione. Non giudicatemi male per questo!
Per chi non fosse avvezzo (non che io lo sia eh!), lo smalto semi-permanente ha la fantastica proprietà di poter essere applicato come uno smalto normalissimo e poi "gelificato": si pone la mano sotto una lampada UV per circa 5 minuti e lo smalto, per magia, diventa asciutto, lucido e fantasticamente omogeneo. Ovviamente nessuna magia, solo chimica.
Mi sono procurato su internet una fotografia di una scatola di questo smalto in cui fossero chiaramente leggibili tutti gli ingredienti di questo smalto:

Si tratta di uno smalto contenente due pigmenti neri: il CI 77499 e il CI77266, rispettivamente tetrossido di ferro e carbon black.
Inoltre troviamo la silice, polvere bianca che viene spesso usata in cosmesi per esempio per regolare la viscosità di un prodotto e Diossido di Titanio, che è usato in cosmesi generalmente come opacizzante.

Quindi, finora abbiamo i pigmenti che danno colore, un viscosizzante e un opacizzante; ma da dove deriva la capacità di formare il polimero lucido che possiamo osservare a lavoro ultimato?

Beh vediamo di analizzare tutti gli altri ingredienti dello smalto:


Ho classificato quelli principali nell'immagine sovrastante in tre gruppi: solventi, fotoiniziatore radicalico e monomeri.


  • SOLVENTI: il butil acetato e l'N-metilpirrolidone (NMP) sono noti solventi per vernici o smalti. Il butil acetato ha un caratteristico odore di frutta, il secondo è invece più specifico per trattamenti di superfici con polimeri.
  • FOTOINIZIATORE RADICALICO: Il fotoiniziatore, lo dice la parola stessa, è l'ingrediente essenziale dello smalto, dato che è il mezzo con cui l'energia luminosa viene convertita in energia chimica. La lampada UV usata per la polimerizzazione dei gel fotoindurenti irradia a circa 380-400nm (UV-A): questa provoca la scissione dell'ethyl phenyl(2,3,4-trimethylbenzoyl)phosphinate che genera un radicale aril chetilico e un radicale etil fenilfosfinatilico. 
  • MONOMERI: Tali radicali attaccano il 2,2-dimethoxy-1,2-diphenylethan-1-one che genera a sua volta un radicale chetilico e uno dioxa-benzilico. A questo punto inizia la reazione di propagazione per cui i vari monomeri a base acrilica polimerizzano e cross-linkano, fino ad ottenere una patchwork fitto e che risulta macroscopicamente liscio.

Questo sopra è uno schema del meccanismo proposto per la fotopolimerizzazione del metilacrilato; ovviamente il metacrilato è solamente uno dei monomeri coinvolti. Infatti il processo è una copolimerizzazione e coinvolge tutti i monomeri sopra mostrati.

Un ingrediente interessante è anche il PPG-5 Methacrylate:


Questo infatti presenta sia l'unità methacrylate atta alla polimerizzazione, sia la catena idrofilica del polipropilenglicole: questo piccolo polimero potrebbe fungere da agente umettante se non dovesse copolimerizzare, mentre come agente igroscopico qualora lo facesse.

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